Curiosità musicale n. 1

Voce di dolcezza e di diletto:

suoni, colori e suggestioni in alcune musiche del primo Seicento italiano

di Paola Bonfadini


Voce di dolcezza e di diletto: tenerezza, palpito lieve del cuore, cortesia vellutata e profonda che risana e conforta.
Lascia, lascia che il cuor s’intenerisca: gioia di lasciar fluire emozioni e sentimenti.
T’amo mia vita: nessuna minaccia, nessun pericolo, solo la dolce carezza del sogno.
Piace sentirsi cullare dalla musica, dai suoni armoniosi che ti avvolgono e t’intridono l’animo.
Il tempo? Illusione fugace. Lo spazio? Il cuore finalmente in pace.
La passione lacerante diventa mosaico colorato di note e parole: tutto si stempera nella dolce atmosfera della musica.
L’ascolto del CD La rèvolution du Baroque italien (Edizioni “Harmonia Mundi”, 2005) permette di gustare con curiosità e piacere una scelta di brani per voce e strumenti principalmente della prima metà del Seicento italiano profano e sacro.
Una piccola storia della musica gradevole e incantata: dal madrigale Piange Madonna di Sigismondo D’India (1582-1629) al prologo Benché siat’usi, o spettatori illustri della “commedia madrigalesca” dell’Anfiparnaso di Orazio Vecchi (1550-1605), alle sacre rappresentazioni ricche di sentimento della prima parte dell’Oratorio per la Settimana Santa di Luigi Rossi (1598-1653) senza dimenticare l’evoluzione dell’opera dalle monteverdiane “favole in musica” dell’Orfeo (1607) (Atto III, Orfeo: Possente spirto) all’addio di Seneca prima di morire nell’Incoronazione di Poppea (Atto III, Scena 3°, Seneca e i suoi familiari: Amici, è giunta l’ora) e all’aria di Calisto ne La Calisto di Francesco Cavalli (1602-1676).
Emerge, così, un mondo di emozioni profonde, ma non gridate, di cortesia, di educazione dei sensi e dell’animo, che riproduce attraverso la musica il ritratto ideale di un mondo che vuole proporsi come poesia, elegia, specchio catartico di drammi e tormenti.
Siamo, perciò, lontani dal lucidità raziocinante delle sinfonie di Haydn, ma anche egualmente lontani dalla “tempesta ed impeto” delle sinfonie di Beethoven o di certa musica di Brahms.
Qui si può ancora gustare una dimensione pacificata, “artificiale”, ma affascinante come un bel sogno. Qui si può ancora ascoltare la voce che si fonde con il suono del liuto o della tiorba, del clavicordo o del clavicembalo. Qui, infine, si può ancora ascoltare con quieto stupore e sorprendente conforto il delizioso madrigale di Claudio Monteverdi T’amo mia vita (Libro V, 1605), inno all’amore e alla gioia sui versi del poeta tardocinquecentesco Battista Guarino, o Zefiro torna, d’ispirazione petrarchesca dal monteverdiano Libro IX del 1651.
Che cosa resta, perciò, dopo l’ascolto di una simile musica?
Una sensazione di serenità, l’illusione che “niente è perduto”.
Una dimensione di gentilezza, rispetto e armonia esiste, almeno per un attimo e negli ideali per cui lottiamo, perché come scrive Agostino Manni nel libretto della Rappresentatione di Anima e Corpo, “sacra allegoria” musicata nel 1600 da Emilio de’ Cavalieri, Che ‘l soldato eletto / armisi il fronte, e ‘l petto; / di fe’ prenda la maglia / e venga a la battaglia (Atto II, Scena 2°, Consiglio: La nostra vita in terra).

Per saperne di più:

La rèvolution du Baroque italien, Edizioni Harmonia Mundi, 2005.
– Emilio de’ Cavalieri, Agostino Manni, Rappresentatione di Anima e Corpo, Naxos 1998.

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