Curiosità musicale n. 2

Così varia è la sorte:

riflessioni sull’Oratorio della Settimana Santa di Luigi Rossi (1598-1653)

di Paola Bonfadini
Che cosa ci è lecito sperare?
Nell’aspra tragedia dello stato umano il buio regna sovrano, l’ipocrisia e l’ingiustizia sono le leggi della Terra.
Il male domina tutto.
Il più giusto tra tutti, Gesù Cristo, viene messo a morte senza colpa: la massa superficiale e ottusa plaude la condanna: un feroce criminale, Barabba, viene mandato libero e il Messia è perduto. L’autorità, che dovrebbe garantire l’innocente e la legge, ossia Pilato, governatore romano della Palestina, pur perplesso, decide di non prendere alcuna decisione, di “lavarsi le mani”.
E la folla infernale di diavoli e di malvagi gioisce del trionfo dell’oscurità tra gli esseri umani.
Sola, fremente e pia, rimane la Madre di Cristo, Maria, così umana nel dolore, simbolo di tutte le madri che non si arrendono di fronte alle avversità nel disperato tentativo di salvare i propri figli.
Sconvolgente e strano è l’argomento dell’importante “opera sacra musicale” di Luigi Rossi (Torremaggiore, Foggia 1598 – Roma 1653), organista, cantante, compositore e liutista, autore di rilevanti composizioni sacre e profane nella prima metà del Seicento. Il “nuovo cigno” lascia cantate sacre e profane, oratori, cioè “sacre rappresentazioni” musicali di argomento religioso, ispirate alla fioritura culturale dell’oratorio dei Padri Filippini di San Filippo Neri in Santa Maria della Vallicella a Roma, e soprattutto diffonde il genere musicale dell’opera italiana nella Francia del potente cardinale Mazzarino. Nel 1647, infatti, il personaggio fa rappresentare a Parigi lo straordinario Orfeo, prima opera italiana composta per la corte e grande successo per musiche e sontuosi allestimenti scenici.
Ma è forse la produzione delle cantate da camera e degli oratori in italiano e latino che ci fanno scoprire un Luigi Rossi intimo, segreto, in cui il sentimento, gli affetti sono il collante della musica: si tratta di note imbevute di emozione e controllata sensualità.
In particolare, capolavoro prezioso è l’Oratorio della Settimana Santa, su libretto di Giulio Cesare Raggioli, lavoro scoperto nel 1954 dal musicologo Alberto Ghislanzoni, presso l’Archivio dell’influente nobile famiglia dei Barberini alla Biblioteca Apostolica Vaticana di Roma: nel manoscritto sono narrati e messi in musica i principali avvenimenti della Passione di Cristo, secondo il racconto dei Vangeli canonici
Non è ancora avvenuta la Resurrezione, la certezza della Salvezza, ma ci troviamo in una fase precedente. I due autori rappresentano abilmente un clima malato, sospeso, fatto di orrore, in cui la musica stessa diviene il commento festante dell’oscurità di fronte al patimento. I diavoli sono i narratori (historicus) dei momenti della vicende (O menzogne fortunate; Così l’empio dolor). L’affetto e l’attesa di bene sono espressi da arie malinconiche e spesso in minore della Madonna (Soprano: Tormenti non più; Cieli e stelle pietà).
Quale, allora, la novità dei due compositori?
“La festa crudele” condiziona musica e parole, ricordando, forse, l’analisi cupa e spietata dell’Incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi e dei suoi collaboratori (1642).

Per saperne di più:

• Luigi Rossi, Oratorio per la Settimana Santa, Les arts florissants, William Christie, Harmonia Mundi, Arles 1989.

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